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La coppietta veneta

Amici di Erre4m buongiorno e benvenuti in questo nuovo post. Oggi cominceremo un breve viaggio che ci porta a parlare di alcune tipologie di pane, di cui la nostra regione (il Veneto), ne è assai ricca.

07 Maggio 2021

Il primo pane che voglio sottoporre alla vostra attenzione è quello che per antonomasia rappresenta il pezzo di pane per i veneti ovvero LA CIOPA.

Nella nostra regione generalmente col termine Ciòpa si intende l’unità di misura del pezzo di pane come vedremo in seguito.

Ma che cosa significa la parola Ciopa? Per rispondere a questa domanda devo andare a scomodare lo studioso veneziano Elio Zorzi che ne parla nel suo volume Osterie veneziane identificando edefinendo in questo modo la ciopa…cito: le bine, un tipo di pane molto comune in antichità nella capitale della Serenissima, erano costtuite da quattro piccie (Treccani: piccia=coppia di oggetti che siano uniti insieme, per lo più nel senso della lunghezza) di pane di frumento, attaccate insieme per i fianchi; dal frazionamento delle bine in due pezzi distinti, nacquero le ciope, vocabolo derivato per metatesi da coppia, che sta ad indicare una coppia di piccie di pane, evolutesi a lor volta nelle forme fino a costituire l’attuale ciopa, che è il pane più caratteristico di Venezia.

E per forza la figura di Venezia contorna costantemente l’evoluzione (in qualsiasi ambito) del veneto post romano. Venezia dopo la sua fondazione e rapida ascesa si impone come crocevia di commerci (molto redditizi) tra l’oriente e l’occidente e in questo contesto fioriscono le contaminazioni, le idee, la creatività, la ricercatezza, il lusso, la competizione.

Venezia era piena di laboratori di Pistori (i panettieri che impastavano e lievitavano la pasta di pane) e di Forneri (i fornai che cuocevano il pane). Si perché già dal medioevo il mondo dei panificatori veneziani viene diviso in panettieri e fornai. Cosa assai interessante è che nella scuola dei Pistori vengono, nel tempo, a far parte anche professionisti  di altre zone d’Italia e d’Europa (lombardi/piemontesi, tedeschi, slavi, albanesi, ecc…) e così le tipologie e le forme di pane logicamente moltiplicano a dismisura.

E così avviene anche per la nostra amata Ciopa. La forma della Ciopa essendo frutto della creatività artigiana, è la più varia, secondo le tradizioni locali consolidate ormai da secoli. E così nella zona di Padova per ciopa si intende il corno padovano,  mentre a Vicenza la ciopa è un doppio filocino ritorto e accoppiato, nel trevigiano la ciopa prende anche la forma delle foglie, delle giraffe, dei montasù. Insomma paese veneto che vai ciopa che trovi.

Anche il peso della ciopa può di conseguenza variare. Si passa dai 50 grammi delle ciopete o cioppette fino ai 400grammi delle cioppe vere e proprie; ma ciò che non cambia nelle varie forme delle ciope è il tipo di impasto. La ciopa è una pasta preparata con farina di grano tenero, acqua, sale, lievito acido e di birra.

L’impasto è sempre duro tanto che a cottura ultimata la mollica risulta compatta, la crosta tendenzialmente chiara, spessa e croccante e si adatta molto bene a essere tagliata a fette.

Alcuni cultori della tradizione panaria veneta però staranno sicuramente brontolando perché finora ho omesso quella che è la forma conosciuta dai più (soprattutto di determinate generazioni non più giovanissime). Sempre Elio Zorzi puntualizza che: col termine ciopa si identificano soprattutto le pagnotte di forma rotonda e molto modestamente io aggiungo che normalmente hanno anche una bella e grande croce incisa sulla superficie…tanto per non dimenticare la cultura religiosa che accompagnava quotidianamente la vita delle persone e che benissimo si adatta anche ad aumentare la lievitazione della pagnotta durante la cottura.

Come detto precedentemente l’impasto duro che forma la ciopa (quella da 400 grammi) era determinante in antichità per ottenere un pane che potesse durare, così riportano i miei informatori , tutta una settimana. Alcuni mi suggeriscono pure che veniva messa in un sacco di tela e appesa in alto, lontano dalle mani dei bambini e dei roditori. Alcuni lo affettavano e biscottavano nel forno a legna in modo che accompagnasse le zuppe che erano pressoché quotidiane nelle tavole dei contadini.

E ora le dosi della ciopa…una delle molte ricette non pretendo certamente l’esclusiva!

800g    pasta vecchia o inacidita (ovvero pasta di riporto)

500g    farina di fior di frumento (tendenzialmente debole perché deboli erano le farine usate un tempo)

225g   acqua

20g     lievito di birra

20g     sale

Gli ingredienti andavano miscelati insieme nella madia e poi impastati con la gramola data la consistenza asciutta della pasta.

divisa in pezzi da 500g e arrotolata ben stretta, disposta su assi di legno e ricoperta un’altra volta per la lievitazione finale che durava circa un’ora.

Trascorso tale periodo veniva incisa con un taglio a croce sulla superficie e infornata in forno a legna per la cottura che però non era mai eccessiva ma la manteneva tendenzialmente chiara.

Il mio ricordo di ciopa è legato al momento della colazione. Il mattino presto, soprattutto d’estate. Mio  nonno arrivava con la sporta piena di ciope del forno a legna ancora calde e scoppiettanti, quasi bianche, con una crosta ben soda e croccante e la mollica profumatissima…il caffellatte era già pronto perché mangiarle così, per me, era la fine del mondo…e qual è il vostro ricordo?

Ci vediamo alla prossima e BUONA PANIFICAZIONE A TUTTI!

Blog a cura di Enrico Gumirato pasticcere e formatore.

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